La donazione di midollo, emozione che non potrò mai dimenticare

«La donazione di midollo, emozione che non potrò mai dimenticare»

LA STORIA. La testimonianza di Omar Oberti, 33enne di Casnigo, donatore al «Papa Giovanni». «Un gesto che non costa niente e restituisce la vita».

Se affrontare la vita a volte è come scalare una cima, è meglio farlo «in cordata», mai da soli. «Dare dà più gioia che ricevere – scrive Erich Fromm – non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo». Omar Oberti di Casnigo, 33 anni, impiegato in un’azienda metalmeccanica, appassionato di montagna, ha adottato questo stile sempre, pensando soprattutto ad aiutare gli altri: come socio Avis e come donatore di midollo osseo con l’Admo. «Già all’età di 18 anni – racconta – mi sono iscritto all’Avis e all’Aido, dopo averne sentito parlare dai miei familiari, e in particolare da mia madre; per iscrivermi all’Admo ho aspettato qualche anno, perché non sapevo bene come funzionasse l’iter per iscriversi».

Omar, di indole riservata, non è incline alle chiacchiere. Cammina nella vita con discrezione, senza la pretesa di compiere azioni eclatanti, ma sceglie sempre l’impegno, e in questi anni lo ha dimostrato in molti modi: «Tra plasma e sangue – osserva – sono arrivato a 63 donazioni». Anche se lui minimizza, c’è sempre in questi gesti «ordinari» qualcosa di speciale, perché «chi salva una vita salva il mondo intero», come dice il Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo.

«Sono iscritto anche ad Aido e Avis: ho già totalizzato 63 donazioni»

Un’idea nata da un incontro

L’idea della donazione di midollo è arrivata per caso «perché non ne sapevo nulla», come chiarisce Omar, e come spesso accade è nata da un incontro: «Ne ho sentito parlare per la prima volta durante la festa patronale del paese, alla quale era presente anche Carmen Pugliese, presidente gruppo Admo Bergamo, che faceva volantinaggio con un’altra giovane volontaria. Ho ricevuto da lei le prime informazioni, sentendomi subito interessato e coinvolto. In quell’occasione ho saputo che circa due settimane dopo ci sarebbe stato il gazebo per la tipizzazione sul Sentierone a Bergamo».

Così, con molta semplicità, è nato in Omar il desiderio di presentarsi per aderire e iscriversi al registro dei donatori: «Essendo già donatore Avis e Aido l’idea di poter fare qualcosa di più per dare una mano a una persona in difficoltà è sorta in modo spontaneo. Anche se in seguito mi sono reso conto che in queste scelte non c’è mai niente di scontato. Nella data prescelta mi sono recato a Bergamo e lì mi hanno effettuato un prelievo di sangue, che successivamente è stato analizzato. Così i miei dati sono stati archiviati, in attesa che si presentasse un’occasione».

«La procedura per donare il midollo è molto semplice e senza conseguenze»

Poi Omar se n’è quasi dimenticato, perché è trascorso un lungo periodo di silenzio, senza nessuna notizia: «Ormai non ci pensavo più – spiega – quando è arrivata una telefonata, che mi ha provocato subito un po’ di batticuore. È successo un paio di anni dopo la tipizzazione, un pomeriggio mentre ero al lavoro. Mi ha chiamato uno dei responsabili del reparto di ematologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII per informarmi che sia io sia un altro donatore a un primo screening eravamo risultati compatibili per una donazione di midollo osseo. Mi ha quindi chiesto se ero disponibile a sottopormi ad altri esami per approfondire».

Primo colloquio al «Papa Giovanni»

Da lì a una settimana si è svolto un primo colloquio all’Ospedale Papa Giovanni XXIII: «Ho incontrato un medico responsabile della procedura. Mi ha spiegato tutto il percorso che conduce alla donazione di midollo e mi ha illustrato con chiarezza l’iter degli esami ai quali avrei dovuto sottopormi. Nel frattempo mi ero informato, sapevo quindi che la compatibilità tra non consanguinei è molto rara, si verifica in un caso su centomila. Mi sentivo quindi molto emozionato di poter fare la mia parte in una vicenda straordinaria».

Nel secondo colloquio i medici sono entrati nei dettagli, chiarendo a Omar quali fossero i rischi e le possibili complicazioni: «All’inizio mi sono un po’ spaventato – osserva -. Ho preso sul serio il loro invito a riflettere bene prima di procedere. Mi sentivo rassicurato dall’idea di poter interrompere quel processo in qualsiasi momento, nel caso in cui non me la fossi sentita di arrivare fino in fondo. In quel momento mi è stato d’aiuto che tutti i miei familiari mi spronassero, mi ha permesso di scrollarmi di dosso l’indecisione. Credo che provare un po’ di timore sia umano, che ogni scelta sia compiuta con la giusta consapevolezza, anche se alla fine ovviamente hanno prevalso il senso civico e il desiderio di essere d’aiuto. Non sapevo e tuttora non so nulla del ricevente se non che era giovane, seriamente malato e rischiava la vita, e questo bastava».

Le prime analisi hanno mostrato che la compatibilità fra il destinatario del trapianto e Omar era la più promettente, perciò, spiega «è iniziato un periodo in cui sono stato sottoposto a numerosi esami: ecografia, elettrocardiogramma, un incontro con l’anestesista, per sicurezza nel caso in cui il prelievo effettuato per aferesi, simile nella modalità a una donazione di plasma o piastrine, non fosse andato a buon fine».

Questo iter è stato piuttosto rapido: «È durato più o meno tre settimane, perché mi era stato detto che la persona a cui mi hanno abbinato aveva bisogno in modo urgente del trapianto di midollo. Nei cinque giorni precedenti la donazione mi è stato prescritto di iniettarmi un fattore di crescita, una sostanza analoga a una molecola naturalmente prodotta dal nostro corpo durante tutta la vita, che ha la proprietà di aumentare il numero delle cellule staminali e di facilitarne il passaggio dalle ossa al sangue. Deve essere somministrata attraverso iniezioni sottocutanee, che si possono fare da soli, in modo semplice, come mi è stato spiegato dai medici. In quegli ultimi giorni ho avvertito forse un po’ di stanchezza e un lieve aumento della temperatura, con la sensazione di avere un po’ d’influenza, ma nulla di più».

La donazione

Alla vigilia della donazione di midollo l’ultimo controllo: «Un esame ha accertato che le iniezioni avevano fatto effetto e che le cellule staminali nel sangue erano sufficienti». Così, quando è arrivato il giorno fatidico, Omar si è presentato per la donazione. «Mi hanno accompagnato mia sorella Silvia e mia cugina. Era il mese di giugno del 2017, la data mi resterà impressa per tutta la vita. La donazione è avvenuta come previsto per aferesi, che prevede l’uso di un “separatore cellulare”: il sangue, prelevato da una vena del braccio, attraverso un circuito sterile e monouso, passa attraverso una centrifuga, dove le cellule staminali emopoietiche vengono isolate e raccolte in una sacca, mentre il resto del sangue viene reinfuso dal braccio opposto, senza che le altre cellule abbiamo subito alcun tipo di danneggiamento. Durante tutto il processo i medici mi hanno seguito con particolare attenzione e cura, non mi sono mai sentito solo».

«Si è svolto tutto in modo molto tranquillo. Alla fine non ho accusato alcun tipo di dolore o stanchezza»

Dopo circa quattro ore la donazione era conclusa: «È stata eseguita nel reparto di ematologia, dove avvengono le trasfusioni e le donazioni di midollo. Si è svolto tutto in modo molto tranquillo. Alla fine non ho accusato alcun tipo di dolore o stanchezza; il giorno successivo non sono andato a lavorare ma soltanto per precauzione, perché comunque a livello fisico non ho avvertito particolari effetti debilitanti. Già dal giorno successivo ho ripreso la routine abituale».

Nei primi sei mesi dopo il trapianto Omar non ne ha parlato con nessuno: «Non sono una persona di molte parole. Poi però mi sono reso conto di quanto fosse importante diffondere la conoscenza della donazione di midollo, perciò ho iniziato ad affrontare l’argomento almeno con i parenti e gli amici. Finora nessuno di loro si è ancora iscritto all’Admo, ma non ho perso le speranze. Qualcuno forse è ancora intimorito dal sistema tradizionale di prelievo con l’ago direttamente dal midollo, un piccolo intervento chirurgico, che richiede l’anestesia e una breve permanenza in ospedale. Ma nella maggior parte dei casi ormai le donazioni avvengono per aferesi come è stato per me, in un modo non invasivo, che non richiede altro che l’impiego di mezza giornata».

«La donazione di midollo è un’esperienza davvero straordinaria che mi sento di consigliare a tutti»

Dopo la donazione l’ospedale mette a disposizione una visita annuale di controllo per 10 anni consecutivi: «Durante le prime due visite, che non hanno evidenziato alcun problema, ho ricevuto anche alcune notizie sul ricevente: mi è stato detto dai medici che il trapianto di midollo ha funzionato, e questo mi ha reso molto felice. Poi a causa della pandemia non mi sono più recato in ospedale per continuare gli esami annuali, e in seguito ho pensato che non ce ne fosse più bisogno. Le mie condizioni di salute si sono mantenute buone come prima». Ripercorrendo le sue scelte Omar oggi si sente soddisfatto: «La donazione di midollo è un’esperienza davvero straordinaria che mi sento di consigliare a tutti. Penso che il gesto del dono, si tratti di sangue midollo o organi costi poco in termini di impegno ma è invece di vitale importanza per tutte le persone che si trovano in difficoltà e che magari hanno come unica risorsa un trapianto. Trovare un donatore compatibile per loro è l’unica speranza, e nella fattispecie del midollo osseo le percentuali di compatibilità, in particolar modo tra non consanguinei, sono bassissime. Per questo ritengo fondamentale rafforzare la sensibilizzazione alla donazione di midollo fra le persone ma anche fra i datori di lavoro, che non sempre concedono a cuor leggero ai dipendenti i permessi necessari per le analisi, anche perché è una pratica più rara e meno conosciuta rispetto alle donazioni di sangue».

Il gruppo Admo è molto attivo in Bergamasca: «Per seguire attività e appuntamenti – sottolinea Omar – basta consultare la pagina Facebook. Spero che ci siano sempre più persone disposte a effettuare il prelievo per la tipizzazione, un gesto semplice che non costa nulla a chi lo compie, ma può salvare una vita». Per informazioni e approfondimenti: sito Admo Lombardia www.admolombardia.org, mail bergamo@admolombardia.org, cell. 3407136579.